di Gianluca Pietropoli Una giornata: 24 ore, 1440 minuti, 86400 secondi. Ma a quante fotografie corrisponde? A porsi questa domanda, nel 2011, è stato l’olandese Erik Kessels (classe 1966), il quale avrebbe potuto rispondere limitandosi ad un semplice calcolo matematico; la sua decisione, anziché produrre un risultato numerico, è stata quella di scaricare e poi stampare in formato 10×15 tutte le foto condivise su Flickr durante l’arco di 24 ore. Ha poi riversato fisicamente queste immagini nelle sale del Foam di Amsterdam e successivamente in varie altre sedi espositive in tutto il mondo, in una mostra intitolata 24 Hours in Photos. L’impatto visivo della sua installazione è sconvolgente: più di un milione di fotografie, montagne e montagne di stampe che occupano le stanze espositive fino a raggiungere il soffitto. L’ intuizione dell’autore è stata veramente geniale. Infatti, l’enorme massa di immagini che ogni giorno condividiamo sui vari social prende ora corpo, presentandosi a noi in tutta la sua dirompente e minacciosa presenza fisica, esaurendo lo spazio fisico destinato a contenere queste immagini e quindi in parallelo esaurendo anche lo spazio mentale destinato a registrarle. Anche la funzione primaria della fotografia (salvare un momento dalla inesorabile azione dissolvente del tempo) viene meno, dal momento che la nostra memoria è sepolta da cumuli d’immagini che non abbiamo neanche più il tempo di guardare. Nella fotografia al tempo dei social, il momento della registrazione e successiva condivisione delle esperienze vissute sta diventando via via più importante delle esperienze stesse. La tecnologia moderna poi aiuta ad annullare l’intervallo tra invio e ricezione: tutto è immediato, e il processo è talmente semplice che il risultato non può non essere che un eccesso di produzione di immagini. Consapevolmente o no, siamo ormai sepolti sotto una valanga di fotografie! Dello stesso autore:
LE FOTOGRAFIE DEL TUBO
2 Commenti
3/3/2020 10:11:22 pm
Le immagini di tutti quegli scatti stampati in 24 ore sono a dir poco sconvolgenti, un mare di foto. La memoria dei fatti è ora diventata la foto, anche in relazione ai nuovi strumenti che utilizziamo per certificarne la durata. Ma mi chiedo questo continuo collezionare scatti su scatti con il nostro telefonino in fondo non rende banale qualche cosa che avremmo voluto fosse unico e che invece la monotona ripetizione del gesto, il fatto stesso che quel tipo di azione si replichi in ciascuno dei presenti, ne sminuisce il senso, e appiattisce sia i contenuti che le finalità.
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Gennaio 2021
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