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sulla Fotografia

24 ORE DI FOTOGRAFIE

2/3/2020

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di Gianluca Pietropoli
Una giornata: 24 ore, 1440 minuti, 86400 secondi. Ma a quante fotografie corrisponde? 
A porsi questa domanda, nel 2011, è stato l’olandese Erik Kessels (classe 1966), il quale avrebbe potuto rispondere limitandosi ad un semplice calcolo matematico; la sua decisione, anziché produrre un risultato numerico, è stata quella di scaricare e poi stampare in formato 10×15 tutte le foto condivise su Flickr durante l’arco di 24 ore. Ha poi riversato fisicamente queste immagini nelle sale del Foam di Amsterdam e successivamente in varie altre sedi espositive in tutto il mondo, in una mostra intitolata 24 Hours in Photos.
L’impatto visivo della sua installazione è sconvolgente: più di un milione di fotografie, montagne e montagne di stampe che occupano le stanze espositive fino a raggiungere il soffitto. L’ intuizione dell’autore è stata veramente geniale. Infatti, l’enorme massa di immagini che ogni giorno condividiamo sui vari social prende ora corpo, presentandosi a noi in tutta la sua dirompente e minacciosa presenza fisica, esaurendo lo spazio fisico destinato a contenere queste immagini e quindi in parallelo esaurendo anche lo spazio mentale destinato a registrarle.
Anche la funzione primaria della fotografia (salvare un momento dalla inesorabile azione dissolvente del tempo) viene meno, dal momento che la nostra memoria è sepolta da cumuli d’immagini che non abbiamo neanche più il tempo di guardare.
Nella fotografia al tempo dei social, il momento della registrazione e successiva condivisione delle esperienze vissute sta diventando via via più importante delle esperienze stesse. La tecnologia moderna poi aiuta ad annullare l’intervallo tra invio e ricezione: tutto è immediato, e il processo è talmente semplice che il risultato non può non essere che un eccesso di produzione di immagini.
Consapevolmente o no, siamo ormai sepolti sotto una valanga di fotografie!
Dello stesso autore:
LE FOTOGRAFIE DEL TUBO
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passioni di bici, di foto e altre sciocchezze

26/2/2020

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di Sara Bozzolan
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Era il lontano 1985, una sera di novembre con una nebbia "che si tagliava col coltello". Mi ricordo che ho supplicato mio padre di portarmi in paese per iscrivermi a ciclismo.
È iniziata così, quasi per caso, la mia passione per la bici, perché lo faceva anche una mia compagna di classe e volevo provare anche io. ​​Risultato: tanta fatica ma anche tanto divertimento.

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Poi la vita, ovviamente, mi ha portato a fare dell’altro, il lavoro, la famiglia... ma la passione è rimasta e piano piano sono passata ad altri tipi di bici, tanto che ogni volta che c'è la possibilità con tutta “la tribù” si parte e si va a fare un giretto.

A questa passione nel corso degli anni si è aggiunta la fotografia.  La coltivo con impegno e sentimento, tanto da ritagliarmi molti spazi delle mie giornate.


Foto
Dall'unione di queste passioni, mi sono ritrovata il 2 giugno 2019 ad andare a vedere l'ultima tappa del giro d'Italia all'Arena di Verona. Ed ecco l’emozione, tanta, intensa, da voler trasmettere attraverso la fotografia.
Come unire le mie passioni, come esprimere attraverso immagini, quelle emozioni che ti fanno battere forte il cuore, che ti fanno trattenere il fiato, che ti fanno sentire l'adrenalina salire dalla pancia fino alla punta dei capelli e ti fanno tremare le gambe. I miei post per queste emozioni, per delle fotografie speciali, che rimangono nel cuore, che ti ricordi tanto da descriverle nei minimi particolari, che ti riportano a quella nebbia del 1985. ​

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le fotografie "del tubo"

25/2/2020

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di Gianluca Pietropoli
Ogni volta la stessa storia: visito un determinato luogo, mi porto dietro la macchina fotografica, riprendo tutto ciò che al momento solletica la mia percezione di realtà, torno a casa con i miei scatti e, da qui, parte una tremenda cernita. “Questa sì o forse no, questa decisamente no, questa vorrei non averla mai fatta, questa potevo ricomporla meglio…”. Successivamente il mio livello di soddisfazione è quasi sempre vicino allo zero. Mi ritrovo quindi con una schedina SD piena zeppa di fotografie “del tubo”, fotografie che mi costringono a prendere decisioni importanti in tempi rapidi: occupo spazio prezioso sugli hard disk del mio PC (e relativi back-up) o cancello tutto subito?
Nonostante tutto prevale il mio attaccamento quasi sviscerale per quelle immagini che, del resto, mi sono procurato con fatica e sudore. Apro una cartella che intitolo con data e luogo e salvo tutto il contenuto della memoria della macchina fotografica. Magari, riguardandole, troverò uno scatto che mi piace. Magari condividerò l’immagine su qualche social. Magari riceverò "like" traducibili in consensi dai miei seguaci…
    
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Così facendo però alimento un sistema che il buon Joan Fontcuberta definisce come POST-FOTOGRAFIA, un marasma immenso di immagini furiose che poco o nulla hanno da esprimere o far esprimere, e che alla fine ci fanno perdere in noi stessi. Noi, con il nostro ego, separati da quello che una fotografia dovrebbe essere. Una fotografia che dovrebbe essere pensata, prima ancora che scattata. Una fotografia che, per essere buona, deve anche sapersi allontanare dal senso estetico ed arrivare alle persone. Ci ritroviamo così, sommersi e bombardati ogni giorno da innumerevoli immagini, che passano, che disturbano, che si moltiplicano quasi avessero vita propria, che si ripropongono ciclicamente quasi fossero messaggi pubblicitari. Immagini che sono onnipresenti, che si presentano e ripresentano in posti (o post…) che nemmeno avevo deciso di frequentare, che sono sempre connesse e ti connettono a realtà che appaiono così insignificanti e mostruose perché banali. 
Immagini che, nonostante la mia coscienza cerca disperatamente di allontanare, tornano e ritornato ed alla fine saranno talmente frequenti da diventare “famigliari”; con il passare del tempo, lo so già, le sopporterò, le accetterò, mi diverranno nuovamente simpatiche... Quasi come quel vecchio zio brontolone che tutto l’anno ti rimprovera ma che a Natale ti riempie di regali! Immagini presenti come tubi, che sono dappertutto ma sanno anche mimetizzarsi, che fanno il loro sporco lavoro senza infamia né lode, che disturbano e ossessionano ma alla fine se non ci fossero mancherebbero!
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Collage di scatti effettuati durante l'uscita fotografica "Murano e Burano" organizzata nel 2019 da Corsi Foto Verona

Dello stesso autore:
24 ORE DI FOTOGRAFIE
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